Paolo: a Londra per fare il Dj, si laurea in Legge

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Sono diversi i motivi per cui si sceglie di abbandonare l’Italia ei andare a vivere a Londra. C’è chi pondera la possibilità di migliorare le proprie aspettative di vita, logoro dalle incertezze che la situazione politica economica italiana rende sempre più visibili, e chi, per indole esuberante non riesce a portare avanti la propria espressività artistica, in un paese come l’Italia, dove arte e cultura sono considerati sempre più, beni di scarso valore.

L’Italia, è la nazione che per eccellenza sforna più artisti di qualsiasi altra località al mondo, potremmo elencarne a migliaia dal medioevo ai giorni nostri, rendendoci così conto, che la nostra nazione, ha perso la capacità di mantenersi e far crescere nella propria terra questi piccoli gioielli, che per portare alla luce le proprie espressività, nella maggior parte dei casi, sono costretti a scegliere un’altra meta, dove, sviluppare le proprie capacità, non significhi non stare coi piedi per terra. Spesso e volentieri la meta più ambita è Londra, la città della libera espressione e chi in questa città riesce a concretare quello che erano i suoi progetti, accresce dentro se, in molti dei casi, pessimi ricordi del proprio passato italiano.

E’ il caso di Paolo Guglielmino, un vero artista dell’espressione musicale, un uomo dalle concrete personali ideologie filosofiche, un cavallo senza briglie nell’espressione comunicativa.

Oggi Paolo ha 46 anni, si è trasferito a Londra nel 1998, lasciando senza rimpianti la sua città, Genova.

Paolo, è cresciuto con una passione sfrenata per la musica, interessandosi soprattutto al funky e il jazz, di cui era diventato un esperto conoscitore del sound e degli artisti; per questo erano molti i magazine italiani del settore, negli anni 90, che non se lo erano lasciato sfuggire, affidandogli così, uno spazio nelle proprie riviste, per scrivere recensioni musicali, con quell’espressione comunicativa e pungente che contraddistingue, da sempre, Paolo dalla massa. Nello stesso tempo, la sua conoscenza musicale, fuori dalle ovvietà commerciali, la tecnica professionale nella selezione dei dischi e quel suo stare anni luce avanti alle mode dei tempi, gli avevano permesso di raggiungere una certa notorietà come DJ, (DJ PUG) suonando in diverse discoteche, per serate decisamente più cool ed eleganti, dove lo stile, l’eleganza erano di casa e la Genova bene si dava appuntamento.

Però tutto questo non bastava a Paolo, non erano i riconoscimenti che nutrivano la sua realizzazione e la sua voglia di esprimersi.

Paolo voleva di più, voleva vivere in una città dove la sua espressività non fosse condizionata e dove l’arte, la cultura, l’originalità, fossero uno stile di vita. E’ così che un giorno, riceve una telefonata da Londra, che gli cambierà per sempre la vita. 

Oggi, Paolo Guglielmino vive a Londra da quindici anni, ha prodotto 2 album con uno studio project chiamato:  Tutto Matto per la Tummy Touch Records e oltre una decina di singoli e EP insieme a Jurij Prette  Dj; ha anche aperto una etichetta discografica: la  Discomilk Records con cui ha prodotto due album indipendenti  e una quindicina di singoli sia in digitale che in CD e vinile.

Paolo ha  creato un videoblog,  chiamato “The Man in Red” che, per alcuni episodi, conta oltre 30mila visite ed in cui affronta migliaia di tematiche con la sua originale forma espressiva di comunicazione che gli consente di passare sotto vaglio eventi e personaggi, usando una varieta’ di filtri e modelli culturali, ma soprattutto, Paolo, non si e’ fermato alla musica e nel 2007 si e’ laureato in Legge a Londra ed e’ oggi para-legale in una corporation con sede nella city Londinese.

 

Quale era il tuo lavoro in Italia?

Dj professionista suonavo al Gilda di Varazze ed al Bonfim di Nervi, ma  scrivevo anche per riviste musicali quali Acid Jazz ed altre, tutte attività legate comunque alla musica.

 

Perché sei partito per Londra?

Mi avevano chiamato da Londra per offrirmi un contratto discografico con una piccola etichetta indipendente, la Tummy Touch Records e ho voluto provarci.

 

Qual è stato il tuo primo lavoro a Londra?

Ho iniziato da subito a fare il Dj, ai tempi insieme a Jurij Dj, la Tummy Touch Records ci ha spinto subito e avevo due serate a settimana, ma ho poi avuto bisogno di più soldi, così ho anche  lavorato nel guardaroba di un locale e poi ho trovato lavoro in un ufficio.

 

Con quali obiettivi sei arrivato a Londra?

Produrre dischi e probabilmente laurearmi.

 

Sei partito con l’idea di laurearti in legge o volevi laurearti in generale?

Volevo laurearmi in qualcosa che non fosse matematica, perché avevo già iniziato ingegneria, ma avevo mollato, perché la matematica avevo capito non faceva per me,  poi tra letteratura filosofia e legge ho pensato a legge, perché tra tutte, è quella che ti fa trovare lavoro più facilmente a differenza delle altre.

 

Questi sono ragionamenti da italiano o da inglese?

Da inglese, molto pragmatici.

 

Quali degli obiettivi hai realizzato a oggi? 

Diciamo che sono andato oltre a quello che erano i miei obiettivi di quando sono partito.

Ho prodotto due album come Tutto Matto con Jurij Prette, su etichetta Tummy Touch Records, che mi hanno anche dato una certa notorietà.

Intellettualmente mi sono realizzato laureandomi in legge e oggi ho la possibilità di lavorare in un grossa azienda nel settore legale.

Dal punto di vista espressivo, mi sono realizzato e sto continuando a realizzarmi, ho continuato a fare musica, ho prodotto due album come solista e in questo periodo sono al lavoro di un nuovo album.

Dal punto di vista atletico sono diventato campione di nuoto farfalla e stile libero e dal nulla, perché mi sono iscritto ad uno swimming pool senza saper nuotare ed in cinque anni ho ottenuto il riconoscimento più ambito; in più mi sono tolto piccoli sfizi intellettuali, quali ho  aperto un videoblog, molto seguito, dove affronto tutti gli argomenti che mi frullano per la testa, sotto tutti i punti di vista, quindi ,sono riuscito ad ottenere tutto quello che volevo ottenere con successo e soddisfazione e l’insieme di tutte queste cose produce un bilanciamento della mia realizzazione.

 

Tra le tue diverse attività che svogli, produttore, dj, para-legale, campione di nuoto, video-blogger, cosa ti identifica di più?

Nessuna, perché io sono tutte. E’ come dire che un buon minestrone è buono perché c’è un ingrediente che spicchi tra i molti, assolutamente no, questi sono gli ingredienti che compongono il mix della mia essenza, la sostanza della mia vita.

 

Se fossi rimasto in Italia, cosa pensi che saresti riuscito a realizzare di tutto questo?

Una bella depressione ed un sacco di soldi alle tasche di qualche psicologo, penso di essere un pò troppo esuberante per l’Italia, soprattutto per Genova. Non avrei trovato assolutamente la possibilità di potermi esprimere come l’ho trovata qui a Londra, una città dove hai la possibilità di dare tanto.

Cosa ti ha dato Londra che l’Italia non avrebbe potuto darti?

La possibilità di esprimermi come ho detto prima e poi sono anche gay quindi in Italia ci sarei vissuto malissimo, mentre a Londra come gay ci vivi benissimo sia che tu sia giovane, sia che tu sia di età.

 

Perché, come vivevi la tua omosessualità in Italia?

Tutte le volte che passavo dal bar sotto casa mi davano delle botte da f***o e tutte le volte che andavo in giro dovevo stare attento a come parlavo o a quello che raccontavo della mia vita sentimentale.

 

Come ti mantieni realmente, cosa ti da da vivere?

Il lavoro di para legale, qualche royalty dei dischi che ho fatto e qualche vendita online di alcune tracce che ogni tanto mi comprano per utilizzare in qualche spot o qualche film e qualche volta suono ancora come deejay e tutto questo riesce a farmi vivere più che dignitosamente.

 

Non hai ancora mollato la tua attività di DJ?

Non la mollerò mai perché io sono un DJ.

 

Dove vivi?

Vivo A Brixotn un quartiere molto colorato, molto funky, un quartiere dove reggae, dub, si sono sviluppati all’estremo, un quartiere dove ci sono ancora dei negozi di dischi, soprattutto dove ci sono ancora locali che se non sei bello funky non hai il coraggio di entrare.

 

Quanto paghi di affitto?

1200 al mese ma la condivido con un altro ragazzo.

 

Quanti vani?

Tre stanze, una per ognuno di noi due e un’altra la lasciamo libera per i nostri hobby, poi bagno e cucina.

 

Quante case hai cambiato?

Fino ad ora otto.

 

La zona che preferisci?

Non ne ho una in particolare. Sinceramente non vivo mai la zona che abito, i miei contatti poi sono sempre tutti sparsi e spesso sto chiuso nella mia stanza a produrre, leggere, ascoltare i miei dischi o fare le mie cose.

 

Qual è stata la tua prima impressione di questa città e come la vedi oggi?

La prima impressione è stata quella di essere in una jungla onirica, a me non sembrava vero nell’98 quando sono arrivato che la notte  potevo prendere da solo, uscire e camminare senza che nessuno mi infastidisse e questa è un emozione incommensurabile, dove ti senti padrone della tua libertà e di fare quello che vuoi. E oggi non è cambiato nulla, questa città anche dopo anni ti fa stare davvero bene con te stesso e ti fa vivere la tua libertà.

 

Quali sono state le fatiche che hai dovuto affrontare per arrivare a tutto?

La risposta è breve. La competizione. In Italia non c’è lavoro e non puoi metterti in gioco, qui per averlo devi competere con tantissime altre persone e devi faticare molto per ottenere quello che vuoi.

 

Come sei riuscito a scavalcare il muro degli invisibili e vincere questa competizione?

La cosa più importante è prefissarsi degli obiettivi realistici. L’Inghilterra è un paese molto pragmatico, qui non esiste la complicazione che c’è in Italia, la verbosità, l’arzigogolarsi, andare intorno ai problemi, qui, vuoi un lavoro? Lo puoi fare? Allora cerca di fare il più possibile per venderti e dare il massimo per capire quello che vuole chi ti assume, ma devi anche essere capace ed avere le qualifiche per fare quel lavoro sennò è tempo perso. Bisogna focalizzarsi su lavori che si possono fare, non su lavori impossibili alle proprie capacità. Se ti applichi in quello che fai stai sicuro che i cinque anni di carriera arrivi a guadagnare davvero una montagna di soldi.

 

Da dove sei partito? 

Da una camera di Genova Sestri Ponente, sognando la musica e mondi fantastici, al di fuori della cittadina depressa in cui vivevo.

 

Un errore che non rifaresti?

Nessuno, rifarei tutto.

 

Cosa sbagliano le centinaia di italiani che vengono a Londra per realizzarsi nella musica e che non riescono nel loro intento?

Difficile dire cosa sbaglino, non c’è una colpa. Semplicemente forse non sono compatibili con l’ambiente, con la città, con la mentalità, con la cultura locale, non è per loro il posto migliore, magari in un’altra città più consona a loro realizzerebbero davvero i loro progetti. Londra è una città molto pragmatica e devi avere la capacità di adattarti a questa praticità.

 

Londra è la città della musica, dell’arte e..?

Ahh..di tutto! Tutti gli estremi qui ci sono. Se vuoi il party dove tutti si vestono da Pulcinella prima o poi lo trovi, se vuoi il party dove ti metti nudo a nuotare nella piscina trovi anche quello, vuoi il party dove si ascolta solo Jazz tutta la sera e guai se si ascolta qualche altro genere c’ è anche quello, vuoi la società dove dibattere filosofia e politica c’è,  vuoi il dibattito di sogni onirici lo trovi. Ecco se c’è una cosa che forse non c’è, è la depressione che c’è in Italia.

 

 

Qual è il potere della città di Londra?

Per risponderti faccio un riferimento alla copertina di un album degli Spiro Gyra, Access all Areas, dove è disegnato un uomo in una metropoli che entra in un’altra dimensione attraverso un cerchio magico. Ecco, il senso della metropoli è questo, che c’è una dimensione per tutti e la città non ha una caratteristica unica ma mille e più.

 

Il punto debole di questa città?

Troppo dispersiva, c’è troppo e spesso qualcuno rischia di perdersi.

 

Dove si ascolta del buon funky oggi a Londra?

Adesso ci sono i party di Gilles Peterson, ma devi prendere in anticipo il biglietti perché finiscono presto. C’è Patrick Forge da seguire e al momento potrei elencartene a centinaia ma questi bastano per iniziare una buona ricerca in rete.

 

Cosa non sanno gli italiani di questa città?

Tutto, perché bisogna viverla per scoprirla, ma questo può valere ovunque, per esempio io non so nulla di Napoli, ci sono stato solo tre giorni. Per imparare la cultura di una città devi viverci.

 

Cosa credono di sapere di Londra gli italiani, che in realtà non sanno?

Tutto. Non sanno niente e pensano di sapere tutto se non ci sono mai stati.

 

Dai un consiglio ad un italiano che sta per mollare tutto per venire a vivere a Londra.

Che non ci pensi due volte. Più ci pensa, minori saranno le possibilità di farlo. Tanto si cambia la vita in meglio, in Italia si sbatte di sicuro e magari non combina nulla, ma se le stesse fatiche le viene ad impegnare qui, qualcosa combina di sicuro.

 

Con quale disco ci lasci Paolo?

Un disco molto floreale, Love Unlimited and Barry White: “High Steppin hip dressin fella”.

 

Gli impegni di Paolo sono davvero molti, per riuscire a trovare un pomeriggio libero nella sua agenda gli sono dovuto stare col fiato sul collo un mese. Conoscevo Paolo di fama, e non me lo volevo lasciare sfuggire. Seguo da qualche anno i suoi episodi in rete di  “The Man in Red”, a casa ho alcuni dei suoi dischi, ricordavo le serate in cui sentivo la sua eclettica musica suonare nelle consolle genovesi, e il fatto di come un Dj, con il sogno della musica che realizza il desiderio di migliaia di Dj, diventare produttore in una città come Londra e nello stesso tempo laurearsi in legge, era un piatto troppo goloso per me.

Una fredda domenica di novembre ci siamo dati appuntamento in un caffè a fianco della stazione di Brixton, Paolo mi aspettava scaldandosi con una cioccolata con la panna. Poi, parlando di Londra, di dischi, di libri e di progetti, abbiamo camminato per le strade di Brixton, un quartiere dai mille colori, dove la gente che incontri sembra essere sempre in festa. Siamo passati davanti ad alcuni negozi di vinili, paradisi onirici per chi ama la musica, davanti a vecchie librerie old school, con migliaia di libri, molti dei quali ingialliti, accatastati uno sull’altro, veri tesori per ricercatori di introvabili e originali testi, ci siamo infilati tra i banchetti del Brixton Village Market, a fare le gimcane tra le centinaia di bandiere Jamaicane e le svariate felpe di Bob Marley, abbiamo svoltato sotto i portici di Atlantic Road, catapultandoci così in un piccolo mondo a parte, un po’ come la copertina degli Spiro Gyra menzionata da Paolo, siamo entrati dentro al “Market Row”, un mercato al coperto dove puoi trovare di tutto, ci sono negozi di ogni genere, compresi alimentari e pescherie, finchè ci siamo infilati al “Seven at Brixton”, un cocktail bar arredato con rifiniture di uso scolastico, sedie, banchi, cattedre, lampade da scrivania, io ho preso una birra, lui un cocktail con il rum, siamo saliti al piano superiore tramite una stretta e ripida scalinata e tra un ambiente fatto di muri colorati con tanti disegnini che ricordavano lo stile artistico di Mirò, mi ha raccontato di lui, di questi quindici anni di Londra, di una città da cui non se ne vorrebbe mai andare, di un’Italia che vede sempre più lontana. Ho cercato al tavolo di quel locale di capire il nesso che porta un Dj, che raggiunge il sogno più grande, quello di diventare un produttore a ricominciare tutto da zero e a quasi quarant’anni studiare legge, una materia, non solo complicata ma molto verbosa e soprattutto in lingua e cultura inglese. Ho capito quel giorno, che quello che limita le speranze di molti, non sono solo le capacità che ognuno di noi può avere o meno, ma spesso sono gli impedimenti di vivere in una nazione che ostacola l’interesse che ognuno di noi ha per il progresso di se stesso. Paolo in Italia più che seguire la sua musica e scrivere per qualche rivista non faceva. Londra gli ha aperto più di una possibilità, lui le ha sfruttate tutte al massimo e ancora oggi continua a non perdere interesse e grinta davanti  alle possibilità che gli vengono offerte nella sua vita londinese.

Siamo fatti per progredire e dare il massimo di noi stessi, non esiste età per ricominciare da zero, più ci vediamo lontani dal nostro successo, minori saranno le possibilità che ci verranno incontro.

 

Martino Serra


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